SI PARTE!
Come tutti gli anni passati, il Percfest avrebbe avuto inizio un tranquillo giovedì di giugno e, come sempre, mi sarei potuto fare un giorno di sole, mare e pheega in più, perché tanto l'albergo era prenotato e pagato già da mercoledì.
Peccato però che il destino avesse fissato quel gran simpaticone di
Elio al Manikomio di Collegno
proprio mercoledì 23. Così, declinai l'invito alla Laigueglia anticipata, adducendo improrogabili impedimenti professionali, e mi toccò partire col treno giovedì mattina.
Al concerto della sera precedente, Christian Meyer mi aveva chiesto se gli potevo duplicare la mia registrazione integrale del concerto e portargliela a Laigueglia, perché voleva sentire come venivano i nuovi pezzi e ne aveva assolutamente bisogno. Accettai di buon grado ma non calcolai bene i tempi dell'operazione: il risultato fu che riuscii a chiudere occhio sì e no un paio d'ore e arrivai alla stazione di Porta Nuova in stato pre-comatoso.
Sul treno, però, consumai il primo lieto incontro della giornata: il protagonista era il
Kompagno Gillette.
Siccome abita in culo ai lupi, era salito in una stazione in culo ai lupi; siccome non ha il telefonino, perché è un oggetto troppo di destra, non gli potevo mandare un messaggio con la mia posizione sul treno, però mi aveva scritto via email che, tranquo, bastava ke mi sporgevo dal finestrino e ci bekkava.
Il risultato fu che io mi misi in testa, lui mi aspettava in coda, si dovette fare tutta la stazione correndo con tre borse enormi in spalla, tutti lo videro, si misero a ridere e lo presero per il culo. Potevamo partire.
L'ACCOGLIENZA
Seppure un po' a fatica, ero riuscito a fare stare tutta la mia roba in una di quelle comode valigie con le ruote che quelli che parlano figo chiamano trolley, per cui con i bagagli ero leggerissimo; anche se il mio albergo era da tutt'altra parte rispetto alla stazione, ci arrivai senza problemi.
Il Kompagno Gillette, invece, mi spiegò che a trascinare una valigia con le ruote si sarebbe sentito handicappato e anche un po' di destra, così passò il tempo trascinando se stesso o ciò che ne faceva le veci sotto il peso dei suoi tre borsoni dalla massa allucinante; finché, arrivato sotto il mio albergo, mi chiese di dare un'occhiata alla cartina per sapere dov'era il suo campeggio.
La meta di KG risultò essere a Capo Mele; la buona notizia era che la direzione era giusta, quella pessima era che non solo si trattava della punta estrema di Laigueglia, quasi al confine con Andora, ma oltretutto sembrava che sarebbe dovuto salire quasi in cima alla montagna. In altre parole, non era arrivato nemmeno a un quarto della strada e tutta la parte finale era in salita.
"Ma sì! - concluse - In fondo, sono contento, perché, salendo in cima alla collina con i bagagli, aumento un casino la mia ENERGIA POTENZIALE!"
Guardai il kompagno per l'ultima volta e gli dissi addio, sicuro che non l'avrei più rivisto. Vivo.
Arrivato all'albergo offerto dal Percfest, constatai con gioia che la finestra della mia nuova camera non dava più sull'autorimessa dell'anno precedente ma su un terrazzo un po' diroccato con vista sulla via Aurelia, l'unica strada trafficata di Laigueglia. Unico dettaglio negativo, per accedere al terrazzo, avrei dovuto scavalcare il davanzale; per un possessore di giovane corpo sono problemi irrilevanti, per me un po' meno ma pazienza. La camera comunque non era male, aveva il bagno, un ventilatore ed un televisore che riceveva tutte le emittenti nazionali più una rete porno satellitare sul canale 14. Quell'albergo mi iniziava a stare simpatico.
Complici le due ore di sonno totali del giorno precedente, ero sprofondato in un coma allucinante; decisi comunque di fare un giro nel budello per salutare i backline, i musicisti, il Pastrano, la Frappa, l'autistico Grumo e già che c'ero vedere qualche seminario.
Non fu un'idea brillante: venni immediatamente adocchiato dal Capo, che mi spedì in magazzino a fare l'inventario delle magliette.
Il mio responso fu netto: "Sono 401!"
"Ma erano 500..."
"Mi sembra evidente che 99 se le sono già fottute! - risposi - più o meno come l'anno scorso..."
Il Capo si allontanò pensieroso, iniziava ufficialmente il PercFest!
IL PRIMO POMERIGGIO DI ORDINARIA FOLLIA
In quanto addetto al
banchetto del merchandising, mi sedimentai
in piazza Marconi e comunque non era un brutto posto: era perfetto per osservare la pheega che passava, guardava e proseguiva schifata; già che c'ero, contai anche tutte le persone conosciute e sconosciute che già indossavano le magliette del Percfest, nonostante le vendite non fossero ancora iniziate.
Fu un piacere ritrovare i mitici backline
Angelo & Friends,
con cui ci eravamo fatti ghiotte risate
l'anno scorso,
tra una catastrofe e un'Apocalisse.
Più guardavo Angelo Albani, più pensavo che era uguale a Ligabue (non il pittore, l'altro), era un vero peccato che il Favone non fosse più tra noi. Comunque, dopo aver ricordato al grande Max che anche quest'anno ci sarebbero stati molti ospiti stranieri da accompagnare in macchina alla stazione di Alassio, feci la conoscenza con
Lorenzo, una new entry che aveva un incredibile segno particolare:
non era vecchio e abitava a Laigueglia.
Esistono!
"Com'è Laigueglia d'inverno?" gli chiesi.
Se mi avesse risposto frasi di circostanza, tipo
"mah, è un posto tranquillo in cui riposarsi e meditare lontano dai rumori della città!" l'avrei mandato affanculo subito.
Invece, rispose testuali parole:
"Un SUICIDIO!".
Perfetto, Lorenzo era dei nostri.
Alla fine del pomeriggio, avevo già incontrato
l'autistico Grumo, l'avevo già nominato revisore dei conti e, visto che non potevo muovermi, avevo addestrato Angelo & friends a rifornirmi costantemente di acqua e granite dal gelataio in fondo alla piazza.
La maggior parte della gente che si fermava al banchetto (oltre a non comprare nulla, ovvio!) mi chiedeva notizie di un gruppo Cubano che avrebbe dovuto suonare nel pomeriggio da qualche parte e di cui io non sapevo assolutamente un cazzo.
Qualche ora più tardi mi avvisarono che
i cubani non erano potuti venire per problemi col visto, così erano stati
sostituiti con una band indiana. La notizia, diffusa per il budello in un battibaleno, aveva generato la crescita esponenziale di un odio e un razzismo spietato nei confronti di tutti gli indiani, senza nemmeno chiedersi se fossero quelli d'India o d'America.
Passai il tempo guardandomi intorno alla ricerca di striscioni
"Fankulo gli indiani, viva i Cubani Padani", croci celtiche sui muri incrociate con falci e martello, immagini della Dea Kalì stampate su rotoli di carta da culo, ma, per il momento, nulla di fatto; l'unico evento degno di nota nel tardo pomeriggio fu l'
abbassamento repentino della temperatura.
Ero preparato, ma non abbastanza.
Memore del gelo di tre anni prima, decisi di passare in albergo ad indossare abiti consoni all'imminente glaciazione, mentre
l'autistico Grumo disse che in ogni caso era al mare e
al mare lui indossava solo maglietta e pantaloni corti.
Come dargli torto?
In quei frangenti, incontrammo anche il Kompagno Gillette, incredibilmente ritornato nel regno dei vivi.
Finalmente ci poté raccontare le sue impressioni sul prestigioso
campeggio Capo Mele: era esattamente in cima all'ultima montagna che vedevamo all'orizzonte e, per arrivarci, occorreva fare
una scalinata di qualche migliaio di gradini. Alti.
Per arrivare alla scalinata, occorreva incamminarsi per un pezzo di Aurelia tutto curve e privo di marciapiede, in cui c'era il limite dei 30 all'ora e le macchine sfrecciavano a non meno di 130.
La tenda del Kompagno Gillette era nell'unico posto rimasto libero ed ovviamente era
il più inculato rispetto all'ingresso, ovvero
in cima.
L'unico cesso invece era sotto, vicino all'ingresso, in più
non c'erano fonti di illuminazione e lui
NON aveva la pila: in caso di diarrea notturna, non gli sarebbe rimasto che generare un degno affluente del rio Colorado.
I discorsi del Kompagno Gillette ci avevano messo appetito, e il Capo prontamente passò a distribuirci dei
buoni per mangiare gratis in un posto chiamato
"La Ciassa".
"Che cazzo di nome è?" mi chiese il Kompagno Gillette.
"È celtico/padano - risposi, con sicurezza
- vuol dire La Piazza!"
"Celtico??? Perché a Laigueglia c'erano i CELTI???"
"Celto! - esclamai, ma il Kompagno non rise -
Perché, scusa, ti pare che in Liguria c'erano i PADANI?"
Il Kompagno finalmente si convinse e si ammutolì.
La Ciassa era in piazza Garibaldi, di fronte al Pescatore, che è il ristorante migliore del mondo.
La somma della commestibilità dei locali di una piazza non può superare il più infinito, inoltre non avevo voglia di fare i cinquanta metri necessari, così
regalai i buoni al Kompagno Gillette, a cui affidai il compito di fare la cavia, assieme all'autistico Grumo.
Ritornarono un'eternità dopo, dicendomi che il mangiare non era male, in compenso non c'era nessuno; in ogni caso, per servirli ci avevano messo cinquanta minuti. Il concerto, intanto, era iniziato.
CONCERTONE
Primo gruppo in scaletta ad aprire il PercFest 2004, il
META CHORO TRIO:
Beppe Fornaroli alla chitarra,
Camilla Uboldi al violino,
Marquino Bobo alle percussioni. Brasiliani nelle musiche e nei colori, forse un po' troppo uniformi, ma tecnicamente molto validi.
Mi piacevano!
Il Kompagno Gillette resistette dieci minuti e poi si addormentò.
Della Frappa ancora nessuna notizia; in compenso, seduti al nostro banchetto, nascosti in fondo alla piazza, sentivamo un vento porco; sul palco, che aveva alle spalle il mare, ci doveva essere la Groenlandia.
Solo i frizzanti spunti comici del Capo, del tipo:
"Non ci avevano detto che qua a Laigueglia era Novembre!", sapevano aggiungere gelo al gelo e scandivano lieti l'alternarsi dei gruppi, dall'ottimo
ERNESTTICO CUBAN JAZZ QUARTET
(con
Omar Lopez alla tromba,
Ivan Bridón al piano,
Daniel Martinez al basso ed
Ernesttico alle percussioni) fino al tributo all'indimenticabile Miles Devis dei
54 MILES
(
David Boato alla tromba,
Bob Bonisolo al sax,
Nico Menci al piano,
Lorenzo Conte al basso e
Walter Paoli alla batteria), che, a voi diversamente alfabeti, ricordo leggesi
"Five For Miles".
Il clima serio e raccolto dei musicisti sul palco era curiosamente allietato dal frenetico andirivieni del
Pastrano sullo sfondo.
Con la sua andatura sghemba, dava un tocco di classe allo spettacolo intero: nessuno capiva che minchia dovesse fare, ma guardarlo andare avanti e indietro rimanendo obliquo era veramente favoloso.
Neanche un cane, in compenso, aveva cagato le nostre magliette, eccetto quelli a cui avevamo ordine di regalarle.
In realtà noi non sapevamo a chi avremmo dovuto regalarle, ma si usava che uno veniva da noi, diceva
"Sono Tizio, suono con Caio e Sempronio, mi servono cinque magliette!" e noi gliele davamo, mentre l'autistico Grumo con millimetrica precisione annotava tutto sul suo bloc notes, illudendosi che qualcuno un giorno avrebbe letto.
Alla fine della serata avevamo raggiunto un
deficit catastrofico, ma in fondo eravamo solo all'inizio.
Angelo & Friends passarono, videro la scena e risero per un quarto d'ora, poi ci dissero di mettere via la roba in magazzino assieme a loro, perché non avevano più voglia di tenere aperto. Quindi, tutti assieme, ci svaccammo da Mayflower per le Jam Session.
JAM SESSION
La Jam a gran sorpresa riproponeva il primo gruppo della serata, ovvero il
"
META CHORO TRIO".
Sarà il contesto, sarà la birra, sarà la pheega, ma stavano suonando molto meglio di prima, con un tiro pazzesco.
Il Mayflower si riempì in un attimo, stavolta eravamo noi attaccati al tavolo dei musicisti e vedevamo benissimo, tutti gli altri ce lo potevano solo sucare.
Fu da questa postazione privilegiata che il Kompagno Gillette disse:
"Ho sonno, me ne vado a dormire!" e si preparò a scalare la montagna che lo separava dalla sua prestigiosa postazione in tenda.
Non sapevamo se l'avremmo mai più rivisto vivo. Del resto, in fondo, chissenefotte.
Incurante del fatto che avevo dormito non più di un paio d'ore la notte precedente, dopo la fine della jam salutai l'autistico Grumo, andai a fare un giro sul lungomare con annessa birra e calumet della pace in compagnia dei backline e poi bruciai gli ultimi neuroni in spiaggia, perché
andare a dormire prima delle tre è da diversamente figati e, soprattutto, il giorno che avrò sonno a quest'ora starò crepando o avrò lavorato.
Tanto la finestra della mia camera non si affacciava più sull'autorimessa, chi mi poteva svegliare il mattino dopo? Nessuno, quindi vaffankulo!
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