La gelida scorza dei ghiacciai invernali lentamente si sguiva sotto i tiepidi raggi di sole di un'acerba primavera nascente, per i plantigradi fissipedi della tundra un chiaro segnale: il letargo era ormai finito. Infatti il telefono squillò.
"Ciao, sono il
Pastrano!
Ti va di occuparti del Concorso Percfest anche quest'anno?"
Sole, mare, figa, lardo, miele, handicappati, il tempo era dunque giunto: partiva la MISSIONE PERCFEST 2004!
IL CONCORSO PERCFEST
Quest'anno, a quanto pare, ci sarebbe stato ancora più bordello da gestire contemporaneamente e in meno tempo e, tra tutte le cose che erano in lista, il prestigioso concorso dei percussionisti creativi aveva faticosamente conquistato l'indice di
priorità zero.
Non potendo cancellarlo del tutto, perché pareva brutto, mi dissero di selezionare un solo concorrente anziché i quattro degli altri anni, evitando quindi semifinali e finali. Un po' mi dispiaceva perché l'anno scorso, con gli squilibrati sardi, il pugliese ed il romano mi ero divertito parecchio, ma in fondo chissenefotte.
Come noto, il primo dei miei compiti sarebbe stato quello di
ricevere i demo dei percussionisti (cassette o cd), farne una compilation su cd, spedirla ai giurati, ricevere i loro voti, calcolare le medie e redigere la classifica.
Per un laureato in informatica, in effetti, sembrava un compito troppo difficile, ma, se mi fossi impegnato, ce la potevo fare!
Forse.
I cd in compenso arrivarono tutti in ritardo, ma stavolta nessuno era indirizzato in via MARSIGLIA (anziché Marsigli): i nuovi concorrenti erano meno handicappati dei predecessori o, più probabilmente, i postini si erano rotti il cazzo di dirottare a mano tutti i pacchi del concorso Percfest e, non appena gliene capitava tra le mani uno con l'indirizzo sbagliato, lo buttavano nel cesso.
Se invece l'indirizzo era giusto, si limitavano a pulircisi il culo.
E va be', visto il reciproco amore tra il mio giovane corpo e le poste, feci che consegnare i cd di persona a tutti i giurati accessibili, tanto più che
uno dei giurati abitava dietro casa mia: il grande
Gilson.
L'anno precedente, non ci eravamo incontrati perché avevo l'indirizzo cannato, ma quest'anno era stato lo stesso Gilson a rettificare ogni stortura: telefonai a casa Silveira e mi rispose un'angelica voce infantile.
"Ma tu chi sei? Cosa vuoi? Mi racconti qualcosa?"
Ci misi parecchio a convincere il fanciullo a passami il papà; alla fine, però, riuscii nell'intento e mi sincronizzai con Gilson per andare a casa sua il giorno successivo. Come ampiamente previsto, anche
il citofono era monopolizzato dal figliolo ribelle e ci vollero mille trattative in perfetto stile
"Caro Diario" per farmelo aprire, ma alla fine il portone si spalancò ed io potei entrare.
Era la prima volta che vedevo casa Gilson ed era esattamente come me l'ero immaginata: colori solari alle pareti, un po' di vinili ammucchiati sull'impianto stereo e i giocattoli del figliolo monopolista sparsi ovunque per la casa, dal pavimento ai divani, agli armadi, alle librerie.
Tuttavia, il particolare maggiormente degno di nota era
la pelata di Gilson adornata da uno splendido bollino Chiquita! Potere ai piccoli.
Anche quest'anno, al contrario dei concorrenti, i giurati erano stati puntuali, avevano borbottato che si suonava meglio quando si stava peggio (sempre con le mani dietro la schiena) ed avevano eletto il
vincitore di stretta misura: trattavasi del giovane batterista di Cosenza
MAURIZIO MIRABELLI.
Quando gli telefonai per comunicargli la notizia per poco non gli venne un colpo apoplettico, poi, a mente lucida, commentò:
"Però io sono in tour in Sardegna con il mio gruppo, quindi quel giorno non posso... possiamo cambiare la data?"
Mi piace venire incontro alle persone, così gli risposi (con i toni caldi e gentili che mi contraddistinguono) che il secondo concorrente in lista sarebbe stato molto desideroso di supplire al suo posto sul podio e fargli soka. Quindi, muovere il cazzo, pedalare e soprattutto vaffankulo.
Maurizio ci pensò più o meno un picosecondo poi disse che probabilmente riusciva a liberarsi. Viva la diplomazia.
I PACCHI
Il vantaggio principale di essere regolarmente assunto nell'organizzazione (oltre al nome
"Marok" stampato sul volantino, mica cazzi!), era che almeno non avrei avuto l'incubo di cercare un albergo libero né di procacciarmi relitti umani che dividessero la stanza con me. Finalmente, gli altri handicappati e tutti i relativi pacchi si potevano allegramente attaccare al cazzo.
Fu una fortuna, perché come ampiamente previsto tutte le Fave dissero che il Percfest era una figata, che bisognava assolutamente andare, grazie Marok di avercelo ricordato, e poi fecero tutti immancabilmente pacco, compreso il
Favone Grassone
che per il secondo anno di fila non aveva nemmeno un giorno di ferie l'anno.
Tra le poche eccezioni, da segnalare in primo luogo
l'autistico
Grumo:
skifato da chiunque (e persino da
Kastrox!),
alla fine si prese una camera singola all'hotel Rosa, in ricordo delle passate avventure.
Anche la
Frappa
decise di ritornare all'hotel Rosa ma questa volta dividendo la camera col suo nuovo tipo, un tedesco che mangiava crauti e grasso animale a colazione, pranzo e cena e che accettò di venire solo se c'era modo di vedere gli europei in TV. Non vedevamo l'ora di conoscerlo.
Come ogni anno, estesi l'invito anche agli handicappati della Cumpa, come ogni anno mi dissero
"Sisì! figata!" e poi a giugno nessuno aveva ancora prenotato una cazzo di camera d'albergo.
Mi ero ormai rassegnato, quando, a pochi giorni dall'ora X, il
Kompagno
Gillette
mi disse:
"Minkia, ho trovato posto in campeggio! Forse mi raggiunge anche Grip! Figata!"
Perfetto, sarei riuscito a portare la Cumpa al Percfest: se quest'anno mancavano i concorrenti, avremmo avuto gli handicappati.
Il dottor MaRoK risolve!
"Scarica la cartina di Laigueglia dal mio sito e fa' attenzione a dove prendi il campeggio - lo avvisai
- perché Laigueglia è verticale e se prendi qualcosa non in riva al mare ti toccherà scalare la montagna!"
"No, tranquillo, quello del campeggio mi ha detto che è vicino..."
Ero un po' perplesso ma, d'altronde, cazzi suoi. E vaffankulo.