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Venerdì 28 giugno 2002 - TEMPI MODERNI - Il biodegrado continua
La sburra.
Questa fu la prima parola della giornata, pronunciata ovviamente dal Favone Grassone shavingfavone grassone, mentre si prendeva cura della sua folta peluria. Non avrei d'altronde potuto immagine una conclusione migliore per una lunga notte di passione, allietata da eccentriche quanto inumane onde sonore che ben si accompagnavano al troiaio dei treni e allo stridulo vociare del corridoio... ma perché stupirsi? Dopotutto eravamo nella patria del PercFest!

Anzi, sarebbe stato molto bello coltivare questa vena musicale e andare avanti così per ore ed ore, magari anche tutta la giornata.
Purtroppo, prima che il Favone decidesse verso quale fantomatico appuntamento mattutino avrebbe potuto traslare il suo grasso culo, Grumo ed io ci eravamo già spalmati nella spiaggia davanti all'albergo, decisi ad estinguere lì le nostre patetiche forme di vita.

L'acqua era una vera favola. Invitante, calda e piena di pesci come la passera di una vecchia troia, era la scaturigine ideale per le minchiate di una fava decerebrata: in altre parole il giovane Grumo mi stava snocciolando tutta la sua biografia.
Arrivato al capitolo "infanzia" guardò le colline che incorniciavano la spiaggia e, con l'aria di chi la sa lunga, disse: "Ecco vedi, da bambino non capivo come al mare ci potessero essere delle montagne. Poi però crescendo..."

Iniziai a pregare che qualunque evento naturale o soprannaturale ponesse fine a tale sofferenza, e per una volta il destino mi venne incontro.
Fu un attimo, e al grido di: "AIUTO, AIUTO, UNA MEDUSA!!!" il giovane handicappato riuscì ad infrangere il muro del suono per spalmarsi sull'assolata ma tranquilla sabbia, al riparo dai pericoli del mare.

Mi stupivo di come il cielo di Laigueglia non si fosse ancora accorto della presenza di Grumo, finora c'era stato un sole fantastico. Com'era possibile?
Semplice: Giove pluvio era banalmente in ritardo.

Bastò aspettare una mezz'ora per assaporare le prime goccioline, e fu proprio un bel temporale estivo, intenso ma di breve durata.
Potemmo così tornare sul lungomare, per la gioia dell'anencefalo che prontamente ricominciò la sua biografia, questa volta spingendosi fino all'adolescenza quando i bulletti per passare il tempo lo fustigavano con rami di ortica perché tanto era handicappato.

Decisi che era il momento di tornare nel budello, e fu una fortuna perché era appena iniziato il seminario del nostro batterista preferito: il buon Christian MeyerChristian Pastetli Meyer.

L'ELVETICO E LE FAVE
L'elvetico mattacchione decise che il suo seminario doveva assolutamente diventare interattivo, così diede vita ad un'allegra disfida di batteristi estraendo a caso degli sfigati tra il pubblico, mettendoli al cospetto di una batteria, facendo partire una base e dicendo loro: "Fate un po' voi!"

Il fatto che avessero già tutti le bacchette e suonassero con un tiro bastardo poteva forse trarre in inganno sulla casualità della sua selezione, ma a cancellare ogni sospetto e risollevare le sorti dell'handicap intervenne il concorrente numero 3, che non sapeva fare un cazzo eccetto volteggiare la bacchetta in aria e ridere, di fronte agli sguardi allibiti dei colleghi... anche questa è biologia.

Fino alla fine feci un tifo disperato per il concorrente Max PiedeMax Piede. Purtroppo la giuria scelse un altro vincitore, così come il destino decretò ben presto i primi incontri ravvicinati: Sanfru, Rese, Shan con i capelli tagliati da finocchio e, finalmente, le leggendarie Fave Romane.
"Dove siete in albergo?"
"Ah, siamo dall'altra parte... ma voi sempre là? Che schifo non ci avete neanche il bagno in camera..."
"Be', però ci abbiamo Grumo..."

Tutto scorreva tranquillo, finché il giovane Sanfru non si avvicinò ad un volto a lui molto familiare.
"Ehi! Ma... ma tu sei il Favone Grassone???"
"Grunt?"
"Tu sei il Favone Grassone!!!"
"E tu chi sei?"
"E io sono Sanf!"
"Sanf?"
"Non Sanf! SANF!!!"
"Ah... sì... Marok mi ha parlato di te, ha detto che sei più handicappato di Grumo e Kastrox messi insieme!"
"Eheheh! Sì, sono ioooooo!!!"

Pochi secondi dopo:
"Marok: ho conosciuto il Favone Grassone!!! Che figata!!!"
"Guarda là, laggiù, c'è Christian Meyer che firma i poster, vai, corri!"
"Corro!!!"

Il batterista Turtello stava effettivamente elargendo autografi ai suoi giovani fan.
"E tu come ti chiami?"
"E io sono Sanf!"
"Ok. Allora scriviamo A SANF con..."
"Non Sanf! SANF!!!"
"Eh?"
"SANFRU!" gli urlammo da dietro
"SANFRU? E che nome è?"
"Eh... è perché abito a San Fruttuoso..."

Lo shock fu terribile, e da quel momento il musicista extracomunitario non si sarebbe più ripreso.
Fu così che la dedica rimase in sospeso: "A SANFRU con...", mentre anche le Fave Romane si dileguavano verso il nulla.

"Venite in piazza?"
"No, andiamo a mangiare!"
"Ah... ma tra un po' inizia il concerto..."
"E chissenefrega, ci abbiamo fame..."

Con queste parole i capitolini compari scomparvero ben presto dal nostro orizzonte. Non altrettanto fecero Sanfru e Rese che, ritrovandosi soli ed abbandonati in una terra straniera, pensarono bene di venire in albergo con noi: Rese a ricaricare il telefonino, SanfruSanfru a rompere i coglioni.

UNA LUCE NELL'HANDICAP
Durante il tragitto che separava il budello dall'albergo, mi chiedevo quali elementi del nostro habitat avrebbero potuto fibrillare la creatività malata dei due giovani handicappati. La nostra camera era quanto di più squallido l'edilizia alberghiera avesse potuto concepire, un solo armadio, neanche un tavolino, neanche un comodino, le pareti color bianco sporco erano spoglie, non un quadro, non una foto... solo un puzzle rompeva la monotonia del nostro orizzonte.

"Bel puzzle - commentò Sanfru - l'avete fatto voi. Bravi."
Non era nemmeno una domanda, era una constatazione.

"Sì - commentai serissimo - l'abbiamo fatto noi in treno per passare il tempo."
"Bello, veramente. Ci avete messo tanto?"
"Mah, sai, il viaggio sono tre ore... ora l'abbiamo appeso qua perché la parete vuota stava male. Stavamo quasi pensando di lasciarlo all'albergo come souvenir, ma ora vediamo, c'è il Favone che lo vuole tenere..."
"Eh be', sì, merita!"

Grumo e Rese non ce la facevano più a fingere indifferenza.
Nel caso di GrumoGrumo la cosa era irrilevante perché dalla nascita possiede una sola espressione, quella da handicappato.
Non altrettanto si poteva dire del giovane Rese, che si stava decomponendo a velocità warp: per evitare una rapida morte strutturale al suo organismo mi vidi costretto a trascinare i tre coglioni in piazza Marconi, per tamponare la loro emorragia neuronale in attesa del concerto.
Là tra rutti e peti si era già installato il festoso Favone Grassone. In seconda fila, però, perché sulla prima c'era scritto "Riservato".

Mi chiedevo se Sanfru dopo il puzzle avesse finito di distribuire cazzate o se ne avesse in serbo anche altre per le grandi occasioni.
"Senti, ho visto la foto del tuo computer! Hai una webcam a casa? Me la vorrei comprare anch'io!"
"La foto del mio computer? - chiesi con aria stupita - Dove l'hai vista?"
"Ma sì, me l'avevi mandata te, c'era uno sfondo e una finestra di windows..."

Quasi non ci credevo...
Sanfru "Ah... - azzardai - vuoi dire lo screenshot, la videata del mio schermo?"
"Sì, quella... l'hai fatta con una webcam?"

Al confronto la mia portinaia era una professionista del crimine informatico.

"Guarda che basta usare Stamp..."
"Lo Stamp??? Cos'è? Un programma?"

Persino il Favone Grassone, incapace di distinguere un computer da una lavatrice, abortiva di grasse risate il cyberhandicappato, che, scoraggiato, ci salutò dicendoci: "Eh, ora devo andare perché se no la mamma si preoccupa..."
"Andare? Ma... dove?
"A casa!"
"Hai una casa qua vicino?"
"Sì, più o meno... a Genova... ciao ciao!"

Come una meteora, Sanfru ci aveva abbagliato con la luce del suo handicap e, prima che potessimo riaprire gli occhi alla vita, si era già dissolto nel nulla.
LA VITA OLTRE SANFRU
Poco dopo anche Rese decise di sparire: dopo la dipartita di Sanfru il mondo non aveva più nulla da offrirgli. Grumo, il Favone ed io tenemmo comunque occupati un po' di posti attorno a noi in seconda fila, quasi attaccati al palco, finché non arrivò un simpatico signore della security che decise di ingannare il tempo attaccando sulle sedie sulle quali ci eravamo già seduti degli adesivi con su scritto: "Riservato".

E fu così che occupammo i pochi posti rimasti, al fondo della piazza. Allora ricomparve anche Rese, che occupò le ultime due sedie, proprio di fianco a noi: "L'altra è per un mio amico, che sta per arrivare!"

Intanto stava per iniziando il primo appuntamento musicale della serata, ovvero la semifinale del PercFest.
"Non so come fai te a resistere con i pantaloni lunghi - mi diceva Grumo - qua fa un caldo boia!"
Non ebbe il tempo di finire la frase che dal mare iniziò a soffiare quell'arietta ghiacciata che ben mi ricordavo dalla precedente estate. La gente intorno a noi sfoderò camicie, maglie e felpe, mentre Grumo rimase l'unico in maglietta e pantaloncini come un handicappato.

Ma le sorprese non erano finite: chi potevamo trovare tra i semifinalisti del Percfest?
Ma è semplice: Beccaro e Ruggeri duo - Semifinalisti del PercFestil Beccaro e Ruggeri duo, alias due tipi di Biella amici del Favone Grassone, che mai si sarebbe aspettato di trovare là e che avevano sbaragliato tutte le altre formazioni, arrivando alla semifinale.
Pensando che, in quanto amici del Favone, fossero solo una coppia di handicappati in vacanza balneare, mi predisposi passivamente ad un misto di ascolto e letargo, per risvegliarmi pochi secondi dopo nel centro del Nirvana: altro non erano che due mostri nell'aulica accezione del termine, un batterista schizofrenico ed un cantante da paura, degno emulo del mitico Demetrio Stratos degli Area.

Inutile dire che la vittoria fu una passeggiata, così come fu semplice e lineare il modo in cui le Fave Romane trovarono posto pur arrivando alle dieci di sera: si sedettero sui posti riservati, in terza fila, sbattendosene bellamente i coglioni di tutto e di tutti i cani e i porci del mondo. Nessuno gli disse niente e loro vissero felici e contenti. I miei omaggi.

La serata proseguiva con l'ottimo saggio dei I giovani virgulti di Hey ci siamo anche noi!giovani virgulti di "Hey ci siamo anche noi", bravi anche gli impronunziabili, alias Miriyagnoumaba, seguiti dal tributo a Naco, con la presentazione del cd Encanto.
E vicino al giovane Rese c'era sempre un posto vuoto, tenuto libero per il suo amico immaginario.

Provammo a spiegare alla gente intorno a noi, che era accalcata in piedi, sui muretti, per terra e avrebbe venduto organi del proprio corpo per un quarto di quella sedia libera, che un certo Rese la stava conservando per l'uomo invisibile e che non era bene contraddirlo.
Stranamente dopo un paio d'ore qualcuno iniziò a mostrare qualche perplessità, così convincemmo l'handicappato che forse era il caso di lasciare il posto libero, con buona pace del suo amico camaleonte. Fu una mossa molto saggia: venimmo invasi da una marmaglia di bambini che compose sulla sedia una pila umana, rompendo ininterrottamente i coglioni fino alla fine del concerto.

In compenso la serata riservava ancora un'ultima chicca, ovvero Sheila JordanSheila Jordan, accompagnata dall'E.S.P. Trio. Voce bellissima, quasi bella come l'espressione del Favone Grassone quando, al termine del concerto, le Fave Romane gli dissero: "Be', avete visto? Siamo arrivati due ore dopo di voi e ci siamo seduti davanti a tutti!"

Momenti indimenticabili, così come l'ennesimo incontro della serata: "siamo la coppia più bella del mondo", alias SNAFU e consorte.
Lei vendeva le magliette del PercFest, lui la sosteneva moralmente ed io non potevo non sganciare loro 12 euro (!!!) per un raro esemplare di colore nero, che avrei regolarmente perso dopo dieci metri.
"Ah, non ne abbiamo più, d'ora in poi ci hanno detto che le danno solo ai musicisti!"
Sono cose che fanno pensare...
AMORE E AFTERHOUR
Annegammo i nostri dispiaceri nel figame di Mayflower e Pacan, che almeno quella sera pullulavano di jam session. In compenso c'era troppa gente per riuscire a intrufolarsi dentro, così ci accontentammo dell'immersione nella pheega tra i tavolini del dehors, mentre Grumo mi passava la sua macchina fotografica perché fotografassi "qualche" tipa ed il Favone ungeva la sua sozza carcassa in un piatto di spaghetti completamente crudi. L'ultima fatica della sua maratona alimentare, l'ultimo lieto pasto della giornata.

Ma un'altra notte di passione ci aspettava, parolacce, bestemmie, concerto per Favone e orchestra, casino del corridoio, troiaio dei treni e gli occhi che lentamente si socchiudevano abbandonando il cielo stellato e le onde del mare per inabissarsi nei presagi di ciò che era e sarà sempre: un unico, immenso oceano di merda.

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