IL RISVEGLIO - ATTO PRIMO
L'assuefazione agli stimoli esterni era ormai totale, le esplosioni dell'ascensore perseveravano nel suggerirmi una grossa e grassa sega, così come ogni altro evento accidentale che si fosse verificato all'esterno del mio corpo nel raggio di dieci chilometri.
Sognavo e dormivo, dormivo e sognavo... orge sadopedolesbo, anime jpeg che si materializzavano, poi un coltello piantato nel fianco... così.
"Svegliarsi dal dolore è brutto, ma svegliarsi dal dolore alle sette del mattino è veramente una merda!" pensavo, mentre lottavo con me stesso per chiudere gli occhi e ricominciare a sognare. Ma sonno e sogno erano irraggiungibili quanto la pheega... niente da fare, in qualunque posizione mi girassi... il male rimaneva...
Niente, niente, niente da fare, non si dormiva.
Al posto di contare le pecore, iniziai a censire gli organi che mi si potevano essere spappolati... l'altro rene no, era più sotto, e anche l'appendice no, non stava là, il cuore era all'altezza giusta ma stava a sinistra... finché la legge lo consentirà.
Aveva ragione Max e mi ero fottuto il fegato? O forse era la milza? Se stavo crepando pazienza, ma se, per caso, avessi dovuto smettere di bere?
Mi rivestii velocemente, presi portafoglio chiavi telefonino ma soprattutto macchina foto e scesi alla reception per chiamare un taxi. Al bancone non c'era ovviamente nessuno, non c'era mai stato nessuno in quel cazzo di albergo. Però, su un pilastro seminascosto dalla cassa c'erano scritti i numeri di telefono di pubblica emergenza. In fondo, due numeri di cellulare con scritto TAXI.
Chiamai il primo e lo trovai beatamente spento. Che cazzo fa, dorme alle sette e mezzo di mattina??? Che gente di merda...
Il secondo invece era sveglio e pimpante.
"Arrivo tra un quarto d'ora!"
Ma sì, tanto che fretta c'era? Ci stavo solo rimanendo secco e vaffankulo.
Mi trascinai fuori e vidi che il cielo era grigio, forse stava per piovere.
L'unica volta nella mia vita che mi alzo alle sette fa un tempo di merda. Perfetto.
Il taxi arrivò nel giro di venti minuti.
"Buongiorno, dove andiamo?"
"Al pronto soccorso!"
"Ah... di quale città?"
"Boh, il più vicino..."
Il tassista si fermò a meditare, assorto nei suoi pensieri.
"Ci sarebbe Albenga..." mormorò con aria distratta.
"E va be', già più vicino che Torino! - commentai
- Andiamo!"
Da come stavo seduto, il tassista doveva avere il terrore che gli sboccassi in macchina, corse come un dannato ed arrivammo in meno di venti minuti. Ma non in meno di venti euro.
PRONTO HANDICAP
Albenga, tanti anni in Liguria e non ci ero mai stato, era un bel modo per inaugurare un'amicizia.
Il Pronto Soccorso era uno come tanti, la sala d'attesa era normalmente squallida, però non c'era gente in coda eccetto una vecchia ed un ragazzino, avrà avuto sedici anni.
Fissavano entrambi il muro alle mie spalle, finché lei non sbottò: "Mi VERGOGNO di essere tua madre! La madre di un ALCOOLIZZATO!"
Il ragazzo bofonchiò qualcosa di incomprensibile.
"Una persona che lavora! Come me!!! Avere il figlio alcoolizzato!!! Da ora in poi te e tuo fratello vi faccio vedere io vi faccio!!! Niente più uscire!!! Niente più discoteca!!! Non uscirete mai più la sera!!! Vivrete CHIUSI IN CASA!!!"
"Ma..."
"Solo sport e lavoro, SPORT e LAVORO!!!"
Tante parole per niente: per indurmi al suicidio, mi sarebbero bastate le ultime due.
Comunque, venne fuori che il diversamente figato era andato per la prima volta nella sua vita in discoteca, aveva bevuto, non aveva retto perché era handicappato, qualcuno l'aveva caricato e l'aveva mollato sbronzo al Pronto Soccorso. Storia di molti, nulla di strano. Solo che dal Pronto Soccorso avevano chiamato a casa, avevano fatto venire la madre isterica e rompicoglioni e, cosa più grave, me l'avevano sbattuta davanti. Fantastico.
Dopo una decina di minuti, fu il mio turno... peccato, mi iniziavo a divertire.
Il dottore era un tizio magrissimo, la pelle un po' scura, non molti capelli e un po' di barba.
"Tu sdraia sul lettino!"
Accento indiano, sembrava Ben, il Nerd di Corto Circuito.
Gli indicai il punto dolente, chiudendo gli occhi e pensando che, se avesse pronunciato la parola "FEGATO" la mia vita sarebbe finita.
Niente più alcool voleva dire niente più alcool, che voleva dire niente più alcool, che in altre parole significava niente più alcool... cioè, capito, ALCOOL! ALCOOL!!!
L'indiano non parlava.
A questo punto tanto valeva fare la prima mossa.
"È il fegato, eh?"
"No - mi rispose lui, senza esitazione - No fegato! Fegato, anche grosso, no può arrivare qua! Qua c'è osso! Tu preso un colpo?"
"No... mi è venuto due giorni fa, mi ero chinato a stomaco pieno..."
"Qua c'è osso o muscolo, no fegato! Ora antidolorifico!"
L'indiano mi sparò in vena qualche droga, ma ormai il peggio era passato: "osso o muscolo" voleva dire solo una cosa: POTEVO BERE! ALCOOL! TANTO ALCOOL!!! FEGATO, FANKULO!!!
Venni dimesso poco dopo, il referto recitava: "dolore sottaomaria no traumatica".
Note: si consiglia Aulin 1 bustine x2 a stomaco pieno mattina sera per tre giorni.
Firmato: dottor AYKUT VEYSI.
Mai indiano mi era stato più simpatico. Indiani brava gente. Viva Corto Circuito. Dottor Aykut risolve.
Arrivai a Laigueglia che erano le nove. Non l'avevo mai vista così bella, persino il tempo era migliorato, non c'era nemmeno una nuvola ed i raggi di un sole vermiglio si infrangevano sul mare, coloravano sabbia, strade, vetrine, fino ad illuminare lei... la B I R R A.
Non fu solo una lattina scolata tutta d'un fiato a stomaco vuoto alle nove di mattina con l'antidolorifico nelle vene ed al grido di "Fegato? Fankulo!", fu la MIGLIORE BIRRA BEVUTA nella mia porca vitaccia.
Era tempo di andare in albergo.
E ricominciare a dormire.
IL RISVEGLIO - ATTO SECONDO
Mi risvegliai a mezzogiorno e mezza, un po' assonnato ma soddisfatto.
Il pensiero di poter di nuovo bere dava alle piccole cose quotidiane un che di meraviglioso, persino i vecchi schifosi dell'albergo mi stavano simpatici. Mi tuffai in acqua con gli handicappati (fottendomene gioiosamente di ogni possibile controindicazione) e mi traslocai da Pacàn per dare degno inizio alla giornata santificata all'alcool.
"Invece di pensare a bere - suggeriva Uollano
- pensa a trovarmi una chitarra!!! Dai, una chitarra!!! Ci sarà una cazzo di chitarra al Percfest!!! Dai, che così la sera si va a pheega!!!"
Come sempre, lasciai Uollano alle sue illusioni e me ne andai al magazzino.
Di chitarre non c'era l'ombra, almeno non nel centimetro quadro in cui avevo guardato distrattamente per un picosecondo, in compenso trovai
Angelo seduto su una cassa, con una faccia schifata.
"Che succede?"
"Da stamattina ho un mal di schiena bestiale! - mi raccontò
- Non è passato nemmeno con Canale 14!"
Poco dopo entrò
Rosario... e
zoppicava.
Infatti,
l'aveva punto una vespa ad una gamba, e camminava a fatica.
Salutai e mi incamminai per il budello, quando udii una voce.
"Marok!!!"
Mi girai ed era
Pippo Panenero.
Stava dentro ad una gelateria, ed
aveva un occhio bendato.
"Forse un colpo d'aria - mi spiegò
- ma non riesco più a tenerlo aperto!"
Tirando le somme: un osso spappolato, una schiena sfasciata, una gamba inservibile ed un occhio fottuto... Era chiaro, la scorsa notte gli indigeni avevano fatto un rito voodoo anti Percfest.
Non aveva grossa importanza, avrei trombato la stessa quantità di pheega dei giorni scorsi. Ma pure il doppio.
Pippo, comunque, sembrava felice.
"Oggi si festeggia! - esclamò
- Ho incontrato un amico!"
"Yeah! Festeggiamo!!! Birra per tutti! Fegato, fankulo!!!"
Una volta riacquistata un po' di lucidità, venne fuori che il gelataio era un vecchio amico di Pippo Panenero, si erano persi di vista da una ventina d'anni e, fino a quel giorno, non si erano ancora incontrati. Era il primo giorno di apertura del negozio, così c'era una grande aria di festa.
"Suoniamo qua con Gilson! - mi annunciò Pippo
- Vieni a vederci alle tre!"
"Eh? Ma... alle tre Gilson non ha il seminario?"
"Chissenefotte! Oggi gelato gratis!"
"Uh? Boh, ok!"
Dopo l'ennesimo gelato scroccato, mi voltai e
vidi
due chitarre, sole ed abbandonate sulla panchina del negozio.
"Marok, ti interessano? - mi domandò il gelataio, sorridendo
- io non me ne faccio nulla..."
"Mah... nemmeno io so suonare... - risposi
- non me ne faccio granché..."
"Be', magari qualche tuo amico... - insistette il gelataio
- Dai, prendile, basta che poi le riporti!"
Un po' svogliatamente, mandai un sms a Uollano:
"È tutto il giorno che giro per cercarti le chitarre, accidenti a te! Ho mobilitato mezzo paese!!! Però finalmente le ho trovate, corri!"
Uollano arrivò dopo un minuto scarso, si avventò su una delle chitarre e, per festeggiare esclamò:
"Birra per tutti!". Fegato, fankulo!!!
I PREPARATIVI
Quando mi ruppi il cazzo persino di bere, abbandonai gli handicappati al loro destino ed andai dai concorrenti.
Uno di loro,
Lorenzo Ressel, aveva uno spiccato accento toscano e camminava per la piazza con un enorme ombrellone: il suo strumento si scordava se stava al sole.
Era una roba assurda, un semicerchio metallico che emetteva note diverse a seconda del punto in cui veniva colpito.
Lui la chiamava
steel drum, ma gli Angelo & Friends, forti della loro competenza di backline, la battezzarono
"UFO", e nessuno osò contraddirli.
Anche il duo dei suoi concorrenti prometteva bene:
Roberto Quagliarella
e
Jacopo Pellegrini erano percussionisti che ci sapevano fare. Jacopo poi era amico da una vita di Gilson Silveira.
E Gilson Silveira era in giuria.
"Ok - mi rispose Gilson
- lascio la giuria!"
Di conseguenza, passammo il giorno a prendere Jacopo per il culo:
aveva disintegrato la giuria del Percfest prima ancora di iniziare a suonare.
Era giusto fare un brindisi: fegato, fankulo!!!
Gli unici due con cui non avevo ancora brindato erano Riccardo Lombardo e Stefano Incani: senza che me ne accorgessi, erano già ripartiti.
Me lo rivelò Angelo, aggiungendo il fatto che quel diversamente figato di
Stefano Incani aveva dimenticato il telefonino in magazzino.
"Glielo puoi riportare tu, Marok? - mi supplicò
- Sta a Torino da Riccardo!"
"Boh... va be', ok..."
Mi assicurai che fosse spento e me lo infilai nello zaino, brindandoci sopra perché fegato fankulo!
Il peggio però doveva ancora arrivare: puntuali come un due di picche, nel pomeriggio si presentarono al nostro cospetto i tre handicappati:
Grip,
MiOpìO e, soprattutto,
Ivan Piombino.
Anche Grip era in campeggio, ma aveva scelto quello inculatissimo di KG, a Capo Mele: l'unico che aveva azzeccato quello più vicino, cioè San Sebastiano, era Ivan Piombino. Quindi, Grip era PIÙ HANDICAPPATO di IVAN PIOMBINO. L'avvenimento andava feseggiato: fegato, fankulo!!!
IL CONCORSO
La steel drum di Lorenzo Ressel diede un'ottima prova di sé, ma il duo Quagliarella / Pellegrini si dimostrò parecchio agguerrito e vinse, con 70 contro 65.
I quinti avevano battuto il secondo classificato. Il mondo continuava a girare all'incontrario.
Poco dopo, venne l'assolo di piano di
Danilo Rea, e poi lo splendido
Enrico Rava Quintet, con Enrico Rava (tromba), Gianluca Petrella (trombone), Andrea Pozza (piano), Rosario Bonaccorso (contrabbasso) e Roberto Gatto (batteria). Eccezionali!
IL BANCHETTO AFTER GRIP
L'avvento di Grip al banchetto, nel frattempo, era stato sufficientemente inquietante. No, cadere non era caduto, però si era comprato anche lui una macchina foto uguale alla mia. Quindi alla fine eravamo in
QUATTRO handicappati affiancati ad avere quattro macchine foto UGUALI, che scattavano in continuazione foto IDENTICHE alle STESSE SCENE negli STESSI MOMENTI.
È bello danneggiare il mondo.
Chissà se un giorno la Canon mi chiederà i danni all'immagine... mah...

Tra l'altro, fu la prima sera in cui la piazza si dimostrò inadeguata a contenere l'orda disumana di gente... eravamo letteralmente circondati dalla folla, l'unico punto in cui si respirava era l'angolo in cui erano esposti i DVD: alla vista dei 20 euro scappavano tutti, proprio come la pheega. Da prendere nota per il futuro.
AFTER
Finito il concerto, vagammo un po' tra le varie jam, ma c'era davvero troppa gente

per riuscire a vedere qualcosa. Ci facemmo un'altra partita a Trivial fuori da Mayflower, scolando qualche altra birra al grido di
"Fegato, fankulo!".
Quando fummo pieni da sboccare decidemmo di porre fine alle nostre sofferenze svaccandoci su una panchina nel budello. Sarà l'alcool, sarà la stanchezza, sarà l'handicap, ma ci sembrò addirittura di vedere
un bambino di dieci anni che suonava alla batteria Smoke on the Water dei Deep Purple.
Certe volte mi riesco ancora a stupire di quanto siamo diversamente figati.
Alle due, gli handicaps dissero che avevano sonno e se ne andarono a dormire, così mi feci un giro sul lungomare, perché il giorno che avrò sonno di venerdì sera prima delle tre starò crepando o avrò lavorato.
Ritornai sulla via dell'albergo verso le tre e vidi un'orrenda figura venirmi incontro: era
Ivan Piombino.
"Marok, mi sono perso! Dov'è il campeggio?"
Tirai fuori la cartina di Laigueglia per il piacere di fargli vedere che è formata da due sole strade parallele: ogni occasione è buona per rendere lapalissiana la sua condizione di diversamente alfabeta (ma sempre con la massima ironia, come sottolineava Rocco Siffredi!). Poi, con pazienza, gli indicai l'aulico verso che avrebbe dovuto seguire, naturalmente opposto a quello nel quale stava camminando.
Per un tratto, coincidevano bene le nostre strade, perché in fondo entrambi eravamo fave. E così, alla fine, accompagnai l'artista poliedrico e mi presi la briga e di certo il gusto di dare anche a lui il consiglio giusto!
Esatto, lo mandai indefinitivamente ed improrogabilmente affankulo.
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