
La mattina di S.Silvestro aveva l'oro in bocca:
accesi le pupille che non era neanche l'una.
Nico stava facendo la colazione e lavando i piatti per tutti.
"Aspetta! - esclamai
- Ti do una mano!"
Asciugai un altro cucchiaino.
Avevo fatto la mia buona azione della giornata.
Intanto, finché c'era il sole, decidemmo di farci un giro per il
paese! E quindi, prima che le giovani donne fossero pronte, si era già
rannuvolato ed era di nuovo salito il vento.
In compenso Ciro
"Geggé" era sparito, da quella mattina.
"È andato a prendere le sigarette!" mi dissero.
Peccato, era una tanto brava persona...
"Ma perché non andiamo a Nizza? - proposi
- Se partiamo subito,
facciamo in tempo a vedercela con una temperatura accettabile e
la sera di sicuro c'è più bordello che qua..."
"E già, e per mangiare?"
"Be', porca troia, in tutta Nizza ci sarà pure un cazzo di..."
"Ma scherzi??? Dobbiamo fare il CENONE! È Capodanno!!!"
Il Tradizionale Cenone di Capodanno, quello che forse avrebbero approvato i nostri genitori!
Un'usanza che credevo dimenticata da generazioni stava per travasarsi sul mio giovane corpo
grattugiato dalle vertigini al pensiero dei sei o sette anni
consecutivi in cui la cosa più solida che avessi messo in bocca a Capodanno
erano una stecca di fumo e una scheggia di qualche bicchiere in frantumi.
La cosa positiva, però, era che nessuno sembrava chiedermi di fare un cazzo.
"Wow! - esclamai
- Figata!"
"Però - concesse Sabato30Diodo
- Possiamo prima fare un salto a
Cannes, è vicino e ce la facciamo a tornare per cena!"
Da cosa si distinguono gli handicappati?
Da risposte come la seguente:
"Ma sì, dai, andiamo!"
Fu bello affrontare con tanta spensieratezza un'ora e mezza di
agonia su curve che si perdevano nel nulla, per poi, a metà strada,
constatare:
"Oh, è tardi... dobbiamo tornare indietro!".
A ravvivare il tutto, non mancarono varie tappe per rallentare il
biodegrado delle giovani donne e una tappa gastronomica a Port
Frejus, perché al buon Sabato30 era venuta fame.
Per il lungomare, non c'era nessuno che non fosse italiano, nessuno
tranne
un marocchino che stava passeggiando davanti ai negozi
e ci guardava divertito,
con la tipica espressione da:
"Ecco, al mondo c'è
chi sta peggio di me!"
Sfoggiando il suo impeccabile francese delle medie, Jeanne gli
chiese se sapesse di feste di Capodanno lì intorno.
Ci rispose che eravamo nel centro del nulla.
"Ma tu che fai a Capodanno?"
Il resto è facile immaginarlo.
IL CENONE DI CAPODANNO
Hassan,
così si chiamava il nuovo acquisto della piccola Jeanne,
ricambiò l'invito con un corso accelerato di percussioni.
Il maestro aveva un'espressione sempre trasparente: sebbene
parlasse una lingua sconosciuta, gli si poteva leggere in faccia tutto
quello che stava pensando!
Ad esempio, quando mi vedeva
prendere in mano le congas e sentiva che, sfidando ogni legge
della fisica,
non emettevano alcun suono, il suo sguardo traspariva,
limpido e cristallino, e inevitabile sentenziava:
"Certo che sei proprio completamente handicappato..."
L'unica fortuna fu che all'improvviso ricomparve Ciro
"Geggé",
che era l'unico che suonava le congas ancora peggio di me.
Di fronte a tutto ciò, Hassan
pose fine ai problemi di Jeanne
ed il primo Cenone di Capodanno della
mia esistenza era pronto!
Menzione d'onore per gli ottimi antipasti e piatti a parte per Jeanne,
che non mangia il pesce per motivi di Freudiana memoria, e per Hassan,
che faceva finta di schifare il pesce per andare dietro a Jeanne.
Tutto ottimo, comprese le tartine postmoderne di Nico e
il panettone sfigurato da Elena.
E così, mentre noi cazzeggiavamo,
Nico lavava i piatti e Hassan illustrava a Jeanne i suoi progetti
postmatrimoniali in stile talebano, si erano fatte le
dieci e mezza.
ROTTA VERSO NIZZA
"Oh, stasera che si fa?"
"Mah... stare qua è da flebo... proviamo a andare a Nizza..."
"Eh, ma ci sarà un traffico porco..."
Hassan ascoltò questo dialogo, capì,
prese in pugno la situazione e ci fece imboccare una
stradina che portava in aperta campagna, per poi sbucare dopo
un'ora di sinuoso bordello nientemeno che all'autostrada, che
avremmo potuto imboccare a dieci minuti dall'albergo.
Era difficile stabilire se avessimo guadagnato o perso: il sistema di
pedaggio francese a pagamento continuo era in grado di creare
code interminabili anche su traffico praticamente nullo, per cui in
ogni caso, anche nel più remoto dei nostri universi paralleli,
non saremmo arrivati a Nizza prima delle undici e mezza.
Anche lì, la situazione apparve critica: l'unica speranza di trovare
forme di biodegrado a cui potersi aggregare permaneva nei vicoli
del centro storico, e ogni mio sforzo per dirottarvi gli altri
handicappati si dissolse nel nulla, di fronte al miraggio della
Grande Ruota, un'immensa Girella che illuminava una piazza che
nulla avrebbe avuto da invidiare al parcheggio della Fiat Mirafiori.
Cercando di emigrare dallo schifo ci traslocammo verso il
lungomare.
Faceva abbastanza freddo, ma eravamo tutti corazzati
con strati di isolante termico di ogni tipo.
Tutti tranne Nico che, come nello spot dell'Aspirina,
indossava con noncuranza il suo
completo da matrimonio,
mentre il popolo in equipaggiamento polare lo
contemplava in religiosa venerazione.
Comunque, in spiaggia c'era abbastanza vita, quasi quanto ce n'era
sotto casa mia in un normale giorno feriale.
Ci calammo dalla scalinata per contemplare i falò,
le chitarre e gli immancabili contorni aromatici,
rivelando che la popolazione locale era interamente composta
da italiani o sudamericani. Per fortuna.
Impossibile dire per quale assurdo processo di degenerazione
cerebrale alcuni sudamericani fossero venuti a festeggiare l'inizio anno
a Nizza, beccandosi contemporaneamente un freddo bastardo e il
vuoto pneumatico della nostra esistenza.
Ma era così, tantovaleva arrendersi all'evidenza.
"Noi siamo di Brasile, beeeeeeelo Brasile, ma lavoriamo in
Germania PUAAAAAAAAH!!!"
"Ah... e che ne pensate della Francia?"
"PUAAAAAAAH!!!! PUAAAAAAAH!!!! Noi vogliamo ballare,
sole!!!"
Era incredibile come qualunque idiota di qualunque parte del
mondo riuscisse a parlare in italiano, tranne i francesi. E tranne
ovviamente
Sara Caiazzo.
Intanto si avvicinava la mezzanotte. Un conto alla rovescia
ufficiale però non c'era e così, in tutta la spiaggia, ognuno faceva
scattare il suo, per poi scatenare in un tempo random
la potenza della propria artiglieria.
Il vantaggio era che stavamo assistendo a un milione di Capodanni
in un colpo solo.
Lo svantaggio era che il bersaglio dei petardi di tutto il milione di
Capodanni in un colpo solo eravamo noi.
Fu allora che i nostri amici latino americani decisero che avevano
già vissuto abbastanza ed
entrarono in acqua, noncuranti del fatto
di essere vestiti, che l'acqua fosse ghiacciata, che fuori ci fosse
un gelo polare e soprattutto che qualcuno, vedendoli, potesse
pensare bene di imitarli.
Quando vidi Nico che procedeva con il suo vestito da matrimonio
a passi spediti verso il mare pensai che stesse scherzando; quando
vidi Nico entrare in acqua,
pensai che volesse solo bagnarsi i piedi;
quando lo vidi tuffarsi, capii che il 2002 sarebbe stato un anno per
molti, ma non per tutti.
Nel gelo del vento, mi girai verso gli altri per vedere che faccia
stessero facendo.
Feci solo in tempo a vederli correre verso il
mare seguendo le orme del Messia, implodendo definitivamente
nelle gelide acque del Mediterraneo.
Gli unici a non aggregarsi all'allegra comitiva furono la piccola
Jeanne, che aveva ribrezzo per l'acqua gelata, e Hassan, la cui
distanza da Jeanne non poteva superare il metro.
I sudamericani sembravano allibiti nell'avere trovato qualcuno più
pazzo di loro: una volta emersi dalle acque, ci
scoprimmo subito
un solo popolo e una sola nazione!
E quindi ci
trascinammo per le strade di Nizza urlando come degli assatanati,
con al seguito una interminabile scia di italiani.
Tra loro, per un caso su un miliardo,
incrociammo alcuni colleghi di Nico,
letteralmente esterrefatti di fronte alla metamorfosi di quello che,
si preparavano a raccontare ai telegiornali:
"Non l'avremmo mai detto... sembrava tanto una brava persona!"
In ogni caso le vie di Nizza si stavano finalmente ripopolando.
Nico, che urlava a squarciagola
"BON ANNÉE!"
a tutti quelli che incontrava, si era presto trasformato in un novello pifferaio
magico; anziché una schiera di topi, però,
radunava dietro di sé un esercito di diversamente figati.
Nessuno dei passanti sembrava fare una
piega: tutti pensavano a una candid camera e aspettavano che
uscisse un omino da dietro a una vetrata. Era uno dei classici frangenti in cui
si può rovesciare addosso a mille persone una tonnellata di merda
senza che nessuno opponga resistenza.
Intanto, sul telefonino era immancabilmente partita la lunga processione degli auguri.
Cito i due migliori:
"Eheheh anche qua c'è figa!" (SANFRU)
"Buon anno informatico!" (LYDE)
Si preannunciava un fantastico 2002.
Seppure bagnato fradicio,
Nico
giurava di non avere freddo, di stare
benone e di voler continuare a vagare urlando per le vie della città
tutta la notte.
Gli rispondemmo che ci poteva star bene, era un'ottimo programma, ci
doveva solo lasciare le chiavi della macchina perché noi si andava
in un locale ed era chiaro che non l'avremmo rivisto mai più
se non in foto.
L'amico Nico finì per seguirci in un
pub irlandese, dove
si usava ballare sui tavoli... e chi eravamo noi per contraddire le usanze locali?
Menzione d'onore per Hassan, che cercava
in tutti i modi di fare ballare anche Jeanne, senza capire che aveva la
mobilità di un attaccapanni.
Intanto, un Venezuelano flashato e sverso,
felice perché aveva scaricato la morosa sbronza in spiaggia, ci
provava disperatamente con tutte le tipe che riusciva a bloccare
per un tempo superiore ai dieci nanosecondi, finendo poi per attaccarsi a Daniela,
insieme ad un altro disperato.
"Sì sì, io ci sarei anche stata - ci avrebbe confidato all'uscita
- ma aveva 23 anni! Scusa se è poco..."
Sono cose che fanno pensare.
Anche stavolta, per farci uscire, non bastò spegnere la musica:
dovettero anche accendere le luci.
Ci riprendemmo dal conseguente shock contemplando una ragazza
che si era addormentata con la testa nel cesso:
solo allora decidemmo che potevamo tornare in albergo,
non senza riaccompagnare a casa l'amico Hassan
a cui probabilmente avevamo regalato il peggiore
Capodanno di tutta la vita.
MARTEDÌ 1 GENNAIO
Avremmo dovuto lasciare la camera per le 11, così ci svegliammo a
mezzogiorno e, lentamente, ci preparammo una colazione.
Contro ogni previsione, Nico era ancora vivo e non aveva
nemmeno mal di gola; evidentemente, aveva scoperto la chiave
dell'invulnerabilità, per festeggiare gli consentimmo di fare da
mangiare per tutti.

In compenso Laura e Massimo continuavano a scambiarsi teneri bacini.
Scena molto romantica.
"BLEAH! ALMENO ELIMINATE IL SONORO!!!" commentò Daniela.
L'anno nuovo iniziava a piacermi.
Lasciammo la stanza verso le due e mezza, ma probabilmente
saremmo potuti rimanere fino a sera, perché tanto alla reception
non c'era l'ombra di un cane.
In compenso, era finalmente giunto il fatidico momento...
primo gennaio:
la nostra prima spesa con quei cazzo di euro!!!
Peccato solo che in Francia gli euro non li avesse nessuno, peccato che
in autostrada l'inconveniente stesse causando code interminabili a ogni
casello e peccato che le autostrade francesi avessero un casello
ogni 100 metri.
In sostanza, arrivammo a casa alle dieci di sera passate,
biologicamente devastati, contando un infinità
di perdite tra i nostri già diradati neuroni,
ma sempre pronti a mandarci nuovamente, perennemente
e indefinitivamente per l'ennesima volta affanculo.