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capitolo2 - Saisissez la dejection

CAPITOLO2 - SAISISSEZ LA DEJECTION

Chissà cos'avrebbe detto colui che aveva progettato l'Opel Corsa di Nico se avesse mai immaginato che un gruppo di handicappati avrebbe di lì a poco collaudato la sua gioiosa creatura su quattro ore di curve, ghiaccio, paesini sfigati e zone dimenticate da Dio, con all'interno un guidatore e tre passeggeri di statura sottosviluppata, dieci chilometri quadrati di bagagli scaricati dalle giovani donne dall'altra macchina e un completo stile matrimonio appeso ad un attaccapanni davanti al finestrino posteriore.
"Nico... ma che cazzo te ne fai?"
"Eh... il vestito non lo posso piegare, lo devo tenere fuori dalla valigia..."
"Ho capito... ma che cazzo te ne fai?"
"Be', a Capodanno non vuoi vestirti bene???"
"..."
"Io tutti gli anni a Natale e Capodanno mi vesto così!"

Geggé

La frase di Nico aveva fatto calare il silenzio, per un po' lo guardammo allibiti, poi convenimmo che era un malato incurabile allo stadio terminale e decidemmo che la natura doveva fare il suo corso. Il più in fretta possibile.

Intanto Ciro da buon turista osservava e commentava con occhio clinico e sgomento tutto lo squallore che ci circondava.
"Oh, ma è tutto così il Piemonte?"
"No, verso Vercelli è molto peggio!"

JJ Più lo sentivo parlare più mi accorgevo che la sua voce era identica a quella del partenopeo JJ, e più ci pensavo più cercavo di trovare il modo di approfittare di questa sua caratteristica morfologica per creare scompiglio in qualche mente già devastata.
Squillo di telefonino.

"Marooooooooook!!! Sono la Epiiiiiiii!!!
Ti stuproooooooooo!!!"
Era la Caiazzo.
Cos'è il genio? Fantasia, intuizione, decisione e... velocità di esecuzione!
"Sì godo, sborro! Ma ora ti passo... JJ! Tieni il telefono, JJ!"

Ciro, pur non avendo capito un cazzo, fece prontamente un segno d'intesa.

Sara Caiazzo

"PRONDO! SO' GEGGÉ!"
"JJ!!! Ma che ci fai con Marooooooook?"
"Ahé, e che vvuò? Lo so' salito a trovare a Torino!"
"JJ!!!! Ti stuproooooooo!!!"

Andarono avanti un'oretta buona a conversare, finché la Caiazzo non finì i soldi o la batteria del telefonino o entrambi e, seppure a malincuore, ci dovette lasciare.
Un breve messaggio al vero JJ, per avvisarlo di stare al gioco, e il Capodanno di Marok e JJ nei tre neuroni della Epifanica Caiazzo si era ormai ufficializzato. Mi sentivo un piccolo mecenate dell'handicap.

TAPPA A VENTIMIGLIA!


Un lauto banchetto Nel frattempo si erano fatte le quattro e mezza, eravamo arrivati a Ventimiglia e a qualcuno venne in mente che si poteva anche mangiare.
Il lungomare era un vero cesso, ma almeno faceva caldo. "Sai che mi piace Ventimiglia?" disse Geggé compiaciuto. Avevamo creato un mostro.

Ma il peggio doveva ancora venire: "Andiamo in una pizzeria in riva al mare!!!"
Fu una saggia decisione, ci vennero estorte dieci carte per una pizza Margherita e tre per una bottiglietta di acqua minerale. In compenso avremmo potuto mangiare seduti su dei sassi e goderci la samba del nostro apparato digerente fino a notte inoltrata.
"Che puzza il mare!" commentava il D'Elicio.
Si continuava a preannunciare un bel Capodanno.

ARRIVO IN FRANCIA


Jeanne aveva detto a tutti che il nostro albergo era a St.Raphael, un buco di paese tra Cannes e St.Tropez. Una volta arrivati a St.Raphael il nome del Residence risultò sconosciuto all'intera popolazione, peraltro composta da vecchi lobotomizzati, così obbligammo la nostra piccola guida a tirar fuori dalla borsetta il foglio stracciato su cui aveva accuratamente annotato l'indirizzo, scoprendo finalmente il vero nome del paese: Port Frejus.
Fortunatamente era solo il paese di fianco.
Sfortunatamente faceva ancora più schifo di St. Raphael.

HANDICAP AL CASINÒ


Port Frejus era contraddistinto dallo stesso gusto estetico di Milano2, con la differenza che, al posto della nebbia, c'era un vento porco.
"Ehi, la camera ha due cessi!" urlò di gioia Sabato30. Non so come abbia poi scoperto che in una porta c'era solo il cesso e nell'altra solo il lavandino, non lo so e non lo voglio sapere.

La vista della cucina invece provocò l'allarmata fuga delle giovani donne, che dichiarandosi inabili a ogni attività manuale, condannarono a perenni lavori forzati Nico e il compare Geggé.

"Dai, vi do una mano!".
Asciugai un cucchiaino.
Avevo fatto la mia buona azione quotidiana.

"Ma intanto pensiamo a dove andare..."
"Sì! Andiamo a Nizza, andiamo a Cannes, andiamo a Saint Tropez, che è pieno di figa!"

Ci ritrovammo poco dopo a passeggiare nel lungomare di fronte all'albergo.

La statua con i negri

"Che figo - esclamò Elena - una statua con DEI NEGRI!!! Non ne ho mai vista una! Facciamoci una foto!!!"

Ci trascinammo in lungo e in largo per tutto il lungomare, ma anche dopo attenta analisi, le uniche ricchezze locali si rivelarono la statua con i negri, il deserto, il vento e il Casinò.
"Ma no, per me fa lo stesso, sapete, a me non interessa, ma se proprio volete... ma se VOI ci volete andare..."

Lo scaricabarile ebbe vita breve e presto ci fiondammo dentro scodinzolanti, vestiti da pezzenti e pronti a rimanere in mutande pur di smenare fino all'ultimo franco.

Gli astuti giocatori si distinguono per la loro abilità e circospezione, non agiscono mai d'impulso, guardano per ore i veri professionisti, ne imparano a poco a poco tutti i trucchetti, formulano statistiche sui numeri della roulette e sulle sequenze delle slot machines, snocciolano algoritmi in grado di sfruttare con matematica precisione ogni periodicità nella cadenza degli eventi e allora, e solo allora, fanno la loro puntata.
Fu così che persi immancabilmente tutto.

Saisissez la dejection

Anche agli altri non andò meglio, ma la loro agonia fu più prolungata. La mia fu l'ultima eiaculazione precoce del 2001.

Qualcuno propose di tornare in albergo e giocare a carte, ma l'unico risultato furono salve di vaffanculo. Così facemmo un giro per il paese, ci incamerammo qualche ettolitro di vento che avremmo finito di espirare per il 2025, tornammo tutti contenti in albergo e ci mettemmo a giocare a carte.

"L'unica volta che sono arrivato primo in qualcosa gareggiavo con degli spermatozoi!" pensavo mentre battevo gli handicappati a Merda e a Porco. Finalmente mi sentivo di nuovo A CASA.

Rimanemmo a giocare fin verso le cinque del mattino, finché iniziarono le proposte: "Dai, aspettiamo l'alba!"
"Boh... se volete... ma ci andranno ancora tre ore..."
"Tre ore??? Ma sei handicappato??? L'alba è alle sei!!!"
Preso atto che intorno a me vigeva il fuso di Istanbul, decisi di ingannare l'attesa assecondando la mia vena poetica e facendo l'ultima capatina al cesso prima dell'alba... purtroppo non feci in tempo a dare alla luce due bellissimi gemelli che tutti erano già andati a dormire.
A me in compenso il sonno era passato.
"Il giorno che avrò sonno di notte... o starò morendo o avrò lavorato!" pensavo mentre mi rileggevo sua santità Luttazzi.
Chiusi gli occhi verso le sei.
Il cielo era completamente nero.
La mia vita era ancora marrone.